Customer experience e Digital Workspace sono due facce, di una stessa medaglia, che stanno completamente ridisegnato l’ufficio del futuro. Ne abbiamo a lungo parlato in questi mesi: un tema trasversale che coinvolge tutte le tipologie di aziende in ogni industry forse con l’unica eccezione del mondo manufacturing, in cui non si può evitare la presenza fisica sul posto di lavoro legata alle macchine di produzione.
Il tema della produttività del dipendente, e del suo engagement, è strettamente correlato alla trasformazione digitale degli uffici grazie a nuove soluzioni, che sarebbe bene gestire in modo coordinato, con “una visione più ampia, unica, in grado di governarne la complessità”. E’ con Meerah Rajavel, Cio di Citrix, che entriamo nel merito del mercato e dello scenario attuale, a valle dei mesi difficili di lockdown.
“La visione di Citrix è diversa per quanto riguarda il Digital Workspace e punta ad avere i dipendenti più produttivi, con un maggiore engagement, grazie a un numero contenuto di strumenti da gestire ed utilizzare pur garantendo l’accesso a tutte le risorse necessarie – esordisce la Cio -. Questo rappresenta un vantaggio importante per tutta l’azienda e anche per i Cio. La soluzione Citrix evita la frammentazione di strumenti grazie ad un approccio unico, trasparente, sicuro per la gestione di contenuti e per le regole di accesso. Offriamo una piattaforma che consente un accesso compliant alle esigenze di ogni singolo dipendente, da ogni dove, in qualsiasi momento e con qualsiasi device, nel rispetto delle regole impostate. E’ quello su cui abbiamo lavorato”.

Ma nell’integrare tecnologia e remote working le resistenze sono spesso culturali. Cosa è successo durante la pandemia?

La pandemia ha cambiato in modo importante la cultura del lavoro, e Cio e Lob si sono interrogati se remote working e business fossero conciliabili, consapevoli nell’emergenza di dover trovare un equilibrio virtuoso che permettesse la continuità operativa. Da una nostra indagine, il 70% della popolazione aziendale apprezza e preferisce il lavoro remoto e il 62% si è adattata con molta agilità alla nuova normalità che di fatto è un Hybrid Work: per alcuni task e professioni il lavoro in presenza risulta essere più produttivo e permette di fare team, ma oggettivamente per tanti lavori la presenza in ufficio non è così rilevante e le soluzioni per fare team sono molto valide anche da remoto.
Se guardo alla mia esperienza personale, la pandemia ha evidenziato che la location dell’ufficio è sostanzialmente irrilevante. Ma devono esserci una serie di presidi tecnologici che riguardano garanzia di connessione (rete e banda), accesso ai contenuti (database e server), disponibilità di una piattaforma di collaboration (email, chat… etc.). Nessun elemento da solo può funzionare se alle spalle non c’è una vera cultura del remote working. Con Digital Workspace puntiamo a mettere insieme esperienza fisica e digitale nel modo più coerente.

Come creare un perfetto allineamento tra l’IT (che rende disponibile la tecnologia per il lavoro remoto) e il dipartimento HR che deve gestire i dipendenti?

Il Digital Workspace rappresenta un pilastro critico e sfidante anche per il comparto HR. Bisogna crederci: l’aspetto culturale, legato alle convinzioni dell’azienda al riguardo, è importante. Poi certo l’IT aiuta e si rivela proattiva da questo punto di vista. E Citrix lavora affinché effettivamente l’ufficio possa essere davvero il posto che il dipendente sceglie per lavorare. Può essere qualsiasi posto, anche un coffe shop, una location di vacanza, perché ovunque siamo possiamo fare le stesse cose con il device a disposizione e gli strumenti adeguati. Per quanto riguarda la connettività per esempio non è corretto pensare che una Vpn soddisfi tutte le esigenze: risolve in verità solo il problema della connettività sicura, ma lascia aperti altri punti come l’accesso ai contenuti legittimi, alla disponibilità delle risorse. Quando guardiamo al Digital Workspace guardiamo invece a tutti questi aspetti: connettività, disponibilità dei contenuti (VDI, piattaforma applicativa), sicurezza di contenuti e app (OneDrive, Dropbox etc.), così come al tema del Byod (ognuno utilizza il proprio device) e alle piattaforme di collaboration. Ecco, tutto deve funzionare bene orchestrato. E noi lo facciamo sulla base di un approccio alla sicurezza Zero Trust.

Meerah Rajavel, Cio di Citrix
Meerah Rajavel, Cio di Citrix

Qual è stato il ruolo dei Cio nella pandemia?

Il feedback che ho avuto da responsabili IT di diverse industry, dimensioni e geografie, è stato unanime: oltre il 77% dei manager si sono ritrovati concordi sul fatto che l’IT durante la crisi abbia avuto un ruolo strategico. Dall’essere considerata come funzionalità di supporto al back office ha assunto un ruolo assolutamente critico e centrale per la business continuity e ha permesso di supplire carenze funzionali aziendali. Strumenti prima considerati marginali sono diventati centrali per assicurare l’operatività. Una cosa di sicuro importante per i Cio è che all’improvviso la responsabilità della business continuity è caduta di fatto sulle loro spalle: riuscire a reagire nel tempo necessario, breve, ha chiesto ai Cio di essere reattivi alla crisi in modo tempestivo. Ed è quello che l’azienda si aspettava da loro, riportandoli appieno nel loro ruolo. .
Da una prima fase improntata a fare in modo che tutti i dipendenti fossero connessi e operativi e “resi mobili” per ripartire, ora ci stiamo muovendo in una fase diversa in cui l’attenzione si sposta sul un altro quesito: come offrire un nuovo ambiente di lavoro adeguato” per vivere il new normal.
Oltre a focalizzarsi su Mobility, Sustainability e Security – temi che rimangono centrali – siamo coscienti che il new normal richiede alle aziende di continuare ad innovare, per servire i clienti nelle nuove condizioni operative ed estenderne le potenzialità. Così, il compito dei Cio è ora di permettere all’azienda di continuare ad innovare e competere nel business anche in futuro. E’ ben diverso pensare di abilitare il lavoro remoto per un evento occasionale (come Covid) a pensare di riorientarlo verso la nuova normalità, che significa garantire che sia sostenibile, scalabile e sicuro. Sempre.

Quali saranno le nuove sfide tecnologiche e aziendali?

Continuiamo a lavorare perché le tecnologie non generino “frizioni” in questo nuovo contesto, siano fluide e i nostri ingegneri sono tutti impegnati su questo aspetto. E’ importante in queste fasi che l’IT collabori con il resto dell’ecosistema aziendale. E l’HR, si sa, rappresenta una componente spesso critica ma ha ben capito che vale l’investimento tecnologico (nell’ordine di poche migliaia di dollari a persona) per permettere il lavoro da remoto e garantire una buona partenza a tutti i dipendenti. Di fatto indirizzare bene il lavoro da remoto è meno un problema dell’IT e ma è più un problema culturale su cui lavorare tutti insieme.

Il futuro sarà un ambiente ibrido?

La nostra idea di vedere il futuro del lavoro in modalità ibrida (Hybrid Work) è collegata agli sforzi che stiamo facendo in quella direzione perché tutti possano disporre dei benefici di entrambe le modalità di lavoro e degli strumenti adeguati. Questo tenendo conto che il cambiamento culturale è importante anche per quanto riguarda l’obiettivo della produttività. Nella mia organizzazione la produttività è cresciuta in questi mesi e si è appurato ancora più chiaramente che la produttività non dipende dalla presenza fisica in ufficio ma da un equilibrio migliore tra lavoro e vita personale, che la flessibilità può conciliare. I tempi spesi per il tragitto casa-lavoro impattano diverse ore al giorno.
Nelle mie diverse esperienze di lavoro ho visto anche diversi modi di concepire il lavoro ad esempio tra la Silicon Valley e la Florida. Se in Silicon Valley ho riscontrato alta attenzione sugli skill tecnologici e una forte competizione che spinge mobilità lavorativa e a fare carriera, in Florida la fedeltà del lavoratore alla propria azienda è maggiore e sono richiesti maggiori investimenti in termini di competenze. Queste differenze si annullano in un scenario di Hybrid Work che rende la location irrilevante e cambia lo spazio lavorativo. Se cerco delle competenze professionali in uno scenario di Hybrid Work, si aprono nuove opportunità perché le competenze si possono cercare su un numero elevato di potenziali candidati. Posso portare la diversità nel team, aumentarne la flessibilità.

Mercato americano e europeo a confronto, chi è più pronto ad adottare l’Hybrid Work e il cloud?

Nella mia esperienza personale sono stata una vera globe trotter, in multinazionali e mercati diversi, ma di fondo il vero ingrediente della cultura aziendale è la capacità di “connettere le persone tra loro, facendo leva su relazioni e scambi”. Detto questo le aziende delle diverse aree geografiche hanno maturità diverse. Il cloud ha alzato l’attenzione su temi quali privacy e la data protection, diversi nei diversi mercati, e noi come vendor dobbiamo tenerne conto per aiutare le aziende a fare progetti di trasformazione digitale. La nostra strategia di go to market è allineata alle esigenze dei singoli mercati spingendo su una offerta unica, “one size”, ma che si deve adattare alle diverse aziende. Abbiamo visto come il cloud sia stato durante la pandemia la via per indirizzare la trasformazione digitale, il lavoro remoto e abbia spinto il 70% dei technology leader ad accelerare i propri sforzi nel cloud, apprezzandone agilità e scalabilità. Il modello ibrido è quello che ad oggi indirizza meglio le esigenze delle aziende e la maturità di adozione varia a seconda dei mercati e delle industry.

Il tema dell’assunzione dei dipendenti è una questione da sempre delicata da gestire. Come si gestisce l’onboarding dei dipendenti in uno scenario di remote working?

Sono da appena sei mesi in Citrix, ma ho già portato a bordo risorse anche durante il lockdown. Guardando la mia esperienza posso dire che l’IT ha aiutato le assunzioni e nel moderno Digital Workspace anche l’onboarding deve essere una nuova experience. L’T deve preparare l’infrastruttura, abilitare i device velocemente attraverso il semplice download di applicazioni. Il bisogno di essere effettivamente “connessi all’azienda” è prioritario. L’onboarding in Citrix “virtuale” deve pianificare in modo preciso le esigenze del nuovo dipendente (hardware e software), i tempi, l’invio del materiale al dipendente perché possa essere operativo dal primo giorno con la disponibilità immediata di un vero Digital Workspace. Non c’è bisogno che le persone “passino” dall’ufficio per essere operative e per la gestione dei dispositivi. Tutto è remotizzato.

Il ruolo dell’ecosistema e delle partnership?

Come azienda siamo chiaramente consapevoli di non potere fare tutto da soli. La nostre partnership con Microsoft, aggiornata di recente, e con HPE sono strategiche ma altrettanto essenziale è la collaborazione con i partner per l’implementazione dei progetti in modo che i dipendenti possano avere una buona esperienza con le soluzioni Citrix, diverse a seconda delle mansioni svolte. I dipendenti hanno workload diversificati da gestire: un sales ha bisogno di consultare informazioni in cloud dallo smartphone, mentre un ingegnere della ricerca avrà la necessità di collegarsi a risorse in laboratori o data center, con la possibilità di avere a disposizione un ambiente VDI (Virtual Desktop Infrastructure) per compiti di lavoro intensivi. Per questo uno degli aspetti su cui abbiamo lavorato è proprio quello di allineare l’esperienza fisica a quella digitale per incrementare la produttività, con un approccio basato sulle specifiche esigenze della singola figura professionale. E’ un tema che lascia ben comprendere come il lavoro con i partner sia fondamentale.
La tecnologia da sola non basta: i progetti che funzionano partono dalle persone, dalla capacità di coinvolgerle. Noi mettiamo le persone al centro, perché sono loro a dover ispirare l’organizzazione e l’adozione delle tecnologie. Mettere le persone e i loro processi al centro è la chiave per fare bene e ottenere il meglio.

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